Griots, nati liberi – 2018

Studiottantuno Contemporary Art Projects presenta una nuova iniziativa espositiva dal titolo “Griot nati liberi ” con ritratti del fotografo Luca Monaco. Dopo gli studi universitari e la laurea in filosofia presso l’Università Statale di Milano, egli si dedica professionalmente alla fotografia, inizialmente nell’ambito della moda e dello still life. Oggi, dopo aver frequentato tra le specializzazioni anche un corso di fototerapia, indirizza il suo operare fotografico verso una forma di fotografia che si arricchisce di una pratica relazionale, connotando anche di una valenza “etica” il lavoro artistico che egli mette a disposizione come veicolo educativo e di aiuto in ambito di realtà difficili.

Per questo, la sua inclinazione incontra le finalità di Studiottantuno quando la direzione dello spazio espositivo si rivolge, per coordinare un lavoro di collaborazione, all’Associazione Mantova Solidale che opera nell’ambito della protezione dei giovani immigrati richiedenti asilo in Mantova e provincia. Così viene avviato con un loro gruppo, un corso formativo sull’immagine fotografica, tenuto da Luca Monaco nei mesi di gennaio e febbraio 2018.

Dall’interessante lavoro da lui svolto segue un’esposizione di sue opere e di immagini degli allievi che sono stati, nel percorso didattico, protagonisti di un’esperienza centrata sul tema del ritratto come formazione di identità personale e collettiva, di incontro culturale e soprattutto umano. L’autore infatti, cercando di sollecitare i racconti di questi ragazzi in momenti di confronto, di identificazione di sé attraverso le immagini fotografiche, con un metodo induttivo e di pratica attiva, li immagina come contemporanei testimoni e veicoli di una nuova storia orale, quella forse di un mondo nuovo, di una nuova frontiera che si affaccia sul Mediterraneo. Da qui il titolo della mostra che richiama la tradizione dei narratori, cantastorie, eredi traduttori del sapere dell’Africa subsahariana, detti Griots. Anche attraverso la loro narrazione viene a fondarsi quella modalità selettiva di analisi e risignificazione delle immagini degli studenti di cui l’autore tiene conto nell’arrivare a produrre ed esporre le proprie opere. Ciò mette in evidenza un modo non scontato della pratica fotografica e del ritratto in particolare, inteso non come genere o prodotto di un’estetica fine a se stessa, ma vissuto come punto di partenza di un processo, di un cammino progettuale di crescita e di scambio psicologico e umano tra sé e l’altro, l’altro considerato nella sua “verità” personale e nella “verità” sociale e culturale cioè collettiva che egli rappresenta. Ci pare di poter affermare che si sia dimostrata così anche la nostra convinzione che l’arte, in questo caso in particolare la fotografia, possa essere, come esperienza sperimentale che cerca una dimensione conoscitiva non convenzionale, lo stimolo giusto per dare concretezza ad un intento di relazione, di formazione e di possibilità di vicinanza e d’integrazione in un rapporto dialettico di reciprocità e di interazione.

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